venerdì, febbraio 25, 2005

Faster Pussycat Kill Kill (1964)

Trama Durante una delle loro scorrerie in pieno deserto Mojave, Varla, Rosie e Billie - spogliarelliste dagli enormi seni e dalla spropositata cattiveria - fanno fuori per puro sfizio il malcapitato Tommy e rapiscono la sua fidanzata Linda. Giunto alla fattoria abitata da un vecchio paralitico e dai suoi due rampolli, il diabolico trio mette gli occhi sul gruzzolo di famiglia: il sangue scorrerà a fiumi...

Commento critico Girato in un accecante bianco e nero e reso "astratto" dall'infinita orizzontalità degli spazi, uno dei tasselli più significativi della sistematica decostruzione condotta da Meyer sul moralismo e sulla falsa coscienza che affliggono il Grande Paese

giovedì, febbraio 24, 2005

gianni l'ottimismo...

imperdibile guardatevi questo


ottimismo



ciao

mercoledì, febbraio 23, 2005

Dal coniglio di Alice al coniglio di Donnie Darko


Donnie non è un adolescente come tanti altri; è più intelligente, più acuto, più cinico. Di conseguenza la sua vita non si riduce ad andare a scuola, avere una ragazza, guardare la partita di football della domenica nel suo salotto americano con il padre americano nella sua casa americana.
Donnie Darko vuole capire perché sta vivendo, perché in quel determinato momento la sua vita prende una direzione e non un’altra; in poche parole vuole essere consapevole. La sua ricerca della conoscenza è un viaggio allucinato e allucinante nella società americana messa a nudo in modo diretto ma allo stesso tempo sottile e non gridato (fa riflettere di più il piano sequenza all’interno del liceo che tutto “American Beauty”), che conduce il nostro protagonista fuori di testa e fuori dal mondo. La schizofrenia del giovane Darko funge da pretesto per analizzare un pilastro fondamentale della filosofia occidentale, quel concetto di libero arbitrio che qui è mescolato alla fisica più moderna di Stephen Hawking, e lo fa partendo da un quesito tanto semplice quanto affascinante: se posso conoscere il mio futuro posso cambiarlo? Ma come faccio a cambiarlo se qualcuno (Dio o quant’altro) ha gia à deciso che la mia vita avrà un determinato dispiegamento? Il film non fornisce delle risposte chiare in tal proposito, non ci dona una chiave di lettura univoca della vicenda, ma, al contrario, spinge lo spettatore a ricercare una sua interpretazione di quanto sta avvenendo. Se un tempo Alice seguiva il bianconiglio in un mondo assurdo e sconosciuto in cui le fantasie di un’adolescente potevano prendere forma (piacevoli o terrificanti che fossero), ora Donnie non può non seguire questo nuovo e terrificante coniglio, frutto della sua mente e di un futuro che lui, a differenza di tutti gli altri, può intuire e vedere. Ma alla fine della storia il nostro non si risveglierà su un albero pronto per il tè del pomeriggio, ma nella sua stanza con un motore di un boeing che gli precipita sulla testa, perché non c’è via di fuga da questa realtà che sia efficace quanto la morte. Cinico e perversamente affascinante, questo film rappresenta un cinema che travalica i generi per ergersi sul gradino più alto della riflessione, metafisica o religiosa che sia, che affronta molti argomenti senza sentenziare su di essi, lanciando input di riflessione allo spettatore che deve azionare il suo senso critico, le sue capacità di ragionamento per trovare una via di uscita da quel labirinto che è la mente di Darko. “Tu puoi fare quello che vuoi” dice il coniglio al protagonista, ed è la stessa cosa che ci viene da dire al regista Richard Kelly; tu puoi e potrai fare sempre quello che vuoi, a patto però che tu lo faccia sempre così bene. Un piccolo diamante in una cesta di grossi sassi.

Matteo Catoni

lunedì, febbraio 21, 2005

daunbailo'

..............Aldilà dell’humour che pervade il film, dovuto soprattutto alle gags di un Benigni in grande forma, becero e surreale nel suo inglese maccheronico e nella sua eleganza da comico del muto, la bellezza di Down by Law risiede ancora una volte nello straordinario garbo con cui vengono tratteggiati questi eroi senza qualità. Viene in mente, irresistibilmente, il cinema di Buster Keaton, il suo rifiuto di ogni patetismo, la dignità un po’ buffa con cui l’ometto subisce i colpi della sorte da lui stesso provocati, l’atmosfera beckettiana in cui è immerso. Anche gli eroi di Down by Law sono buffi ma non patetici: alle prese, come Keaton, con un mondo di oggetti incomprensibile e ostile che non lascia loro spazi vitali, conservano una dignità nelle continue avversità e nella ostinata volontà di “farcela”, un ottimismo che rievoca anche quello di Totò, Ninetto o della Mangano nell’episodio pasoliniano di La terra vista dalla Luna de Le streghe. L’effetto di spaesamento di Down by Law deriva però dal fatto che è come se avessimo Keaton a spasso in un film nero americano di serie B, poniamo un Ulmer (Detour), un Lewis (Undercover Man), un Ray (They Live by Night) – o, perché no, un Huston con le sue atmosfere di scacco. I tre risultano così personaggi di umiliati e offesi presi in un ingranaggio da cui cercano di sfuggire con un pellegrinaggi alle sorgenti del sogno; la felicità, per chi sa riconoscerla, può essere rappresentata dall’incontro con una ragazza ed un piatto di pastasciutta – due cuori e una capanna, appunto. Per i due yankees, invece, essa, probabilmente e appropriatamente, è in nessun luogo e dappertutto, “on the road”: sui titoli di coda Waits canta «Let me fall out of the window with confetti in my hair… And send me off to bed forever more». Geniale amalgama di molteplici mitologie popolari, Down by Law è un lungo blues del Sud che invece di distillare la solita tristezza appiccicosa, dispensa una strana allegria appena venata di malinconia. Comincia all’inferno, ma si conclude non lontano dal paradiso per i suoi piccoli eroi senza casa. E, nello splendido bianco e nero della fotografia di Robby Müller, l’operatore di Wenders, questo mondo “triste e bello” viene coniugato in tutte le possibili variazioni di luminosità, che “doppiano” gli alti e bassi della sorte: il grigiore dell’alba nella città, le oscurità degli alberghi e dei vicoli, la solarità del carcere, il crepuscolo nella palude e infine il calore che emana dalla capanna della fatina e dal finale sulla strada questo sì un po’ chapliniano: la simmetria delle fiabe e l’implacabilità dei sogni si sposano in quello che dovrebbe diventare un piccolo classico.
Alberto Morsiani, Segnocinema n. 26, gennaio 1987

venerdì, febbraio 18, 2005

L'ultimo spietato

La lastra di cemento blocca nel Tempo i nomi di tre ragazzini: uno di essi è incompleto, simbolo di un’infanzia rubata. L’accorato fiume di lacrime di Eastwood racconta la favola nera dell’esistenza, quella in cui tutti i bambini restano chiusi in uno scantinato, immaginando una vita migliore, prigionieri di una disillusione. La Morte, gettata nel fiume come un sasso, crea cerchi concentrici che conservano il medesimo epicentro pur credendosi indipendenti l’uno dall’altro: "Non so come, ma io ho contribuito alla sua morte", dice il padre della vittima, un Sean Penn che buca lo schermo con le sue grida di dolore, e il cui fantasma di regista aleggia su tutta la pellicola (rivedere i suoi pessimisti drammi familiari, meditativi, tragicamente esistenziali, dominati dal paesaggio e da figure ferite e mai riconciliate). Il suo personaggio è anche l’ultimo de GLI SPIETATI, dei giustizieri violenti che Eastwood non può e non vuole mai stigmatizzare del tutto, perché possono celare un gran cuore (come rimarcherà, in una scena sorprendente, sua moglie): se la colpa non trova l’essere completamente malvagio, qual è il senso del Male in UN MONDO (si fa per dire) PERFETTO? I segni (il movente del pestaggio, sconosciuto, potrebbe essere la vendetta o un’altra infanzia perduta; forse l’amore proibito ha deciso il corso del "fiume" della vittima) non indicano la via, fino a perdere senso. Solo una presa di coscienza, con cui il poliziotto ritrova il volto della moglie perduta, ribalta il senso di sconfitta di fronte ad un Vampiro che ti entra dentro e agisce per tuo conto, non permettendoti di crescere, di uscire di prigione, di spezzare la crudele reiterazione (per due volte Robbins viene caricato a tradimento su di un’auto). Lo sceneggiatore Brian Helgeland bara con il personaggio di Tim Robbins che fa di tutto per essere creduto colpevole, al di là di ogni ragionevole follia: è l’anello debole di un’opera che si tinge di giallo e trova nuovi sospetti fino al colpo d’arma da fuoco, accecante per lo spettatore perché la visione al cinema si affronta da soli come la morte.

Niccolò Rangoni Machiavelli

chi e' costui?

su bresciaoggi del 17 febbraio e' stato avvistato un individuo losco fotografato mentre imbrattava un muro con delle scritte esplicitamente di sinistra. avete qualche suggerimento per individuare questo pericoloso sovversivo?


Il griso

mercoledì, febbraio 16, 2005

Esperimenti...

ho da poco finito di metter giu' con premiere la sigla di un mini corto che voglio realizzare. ecco il link alla versione bassa qualita'. e' un xvid ac3 PAL. mi raccomando settate il player per riprodurre in 16/9.




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bye

domenica, febbraio 13, 2005

big fish

... fu quella sera che scoprii che quasi tutte le creature che consideriamo malvage o cattive sono semplicemente sole e magari mancano un po' di buone maniere......

giovedì, febbraio 10, 2005

Ma sei la solita mamma?

oggi mentre facevamo il salame

parlavamo di flessibilita' sul lavoro

ed e' uscita con la frase........ poveri i nostri giovani non posson nemmeno piu andare a vivere soli con sti contratti a tempo determinato hanno fatto davvero bene ad uccidere biagi.........

io a bocca aperta la guardo ...

mercoledì, febbraio 09, 2005

Meeting people is easy

strana giornata per la prima volta decido di prendere l'iniziativa abbandonare paranoie.... baracca e burattini ed andare in cavallerizza a studiare...
devo dire con esiti positivi sia dal punto di vista dello studio che della vita sociale......
uau alla fine non e' poi cosi difficile... come dicevano i cari radiohead meeting people is easy....


serata improvvisata grazie alla mitica piera con un ancora piu' improvvisata maschera di carnevale..strano dopo un po che si e' rinchiusi in casa tornare di botto tra la GEnte... piacevole stupore.

meeting people is easy.