mercoledì, febbraio 23, 2005

Dal coniglio di Alice al coniglio di Donnie Darko


Donnie non è un adolescente come tanti altri; è più intelligente, più acuto, più cinico. Di conseguenza la sua vita non si riduce ad andare a scuola, avere una ragazza, guardare la partita di football della domenica nel suo salotto americano con il padre americano nella sua casa americana.
Donnie Darko vuole capire perché sta vivendo, perché in quel determinato momento la sua vita prende una direzione e non un’altra; in poche parole vuole essere consapevole. La sua ricerca della conoscenza è un viaggio allucinato e allucinante nella società americana messa a nudo in modo diretto ma allo stesso tempo sottile e non gridato (fa riflettere di più il piano sequenza all’interno del liceo che tutto “American Beauty”), che conduce il nostro protagonista fuori di testa e fuori dal mondo. La schizofrenia del giovane Darko funge da pretesto per analizzare un pilastro fondamentale della filosofia occidentale, quel concetto di libero arbitrio che qui è mescolato alla fisica più moderna di Stephen Hawking, e lo fa partendo da un quesito tanto semplice quanto affascinante: se posso conoscere il mio futuro posso cambiarlo? Ma come faccio a cambiarlo se qualcuno (Dio o quant’altro) ha gia à deciso che la mia vita avrà un determinato dispiegamento? Il film non fornisce delle risposte chiare in tal proposito, non ci dona una chiave di lettura univoca della vicenda, ma, al contrario, spinge lo spettatore a ricercare una sua interpretazione di quanto sta avvenendo. Se un tempo Alice seguiva il bianconiglio in un mondo assurdo e sconosciuto in cui le fantasie di un’adolescente potevano prendere forma (piacevoli o terrificanti che fossero), ora Donnie non può non seguire questo nuovo e terrificante coniglio, frutto della sua mente e di un futuro che lui, a differenza di tutti gli altri, può intuire e vedere. Ma alla fine della storia il nostro non si risveglierà su un albero pronto per il tè del pomeriggio, ma nella sua stanza con un motore di un boeing che gli precipita sulla testa, perché non c’è via di fuga da questa realtà che sia efficace quanto la morte. Cinico e perversamente affascinante, questo film rappresenta un cinema che travalica i generi per ergersi sul gradino più alto della riflessione, metafisica o religiosa che sia, che affronta molti argomenti senza sentenziare su di essi, lanciando input di riflessione allo spettatore che deve azionare il suo senso critico, le sue capacità di ragionamento per trovare una via di uscita da quel labirinto che è la mente di Darko. “Tu puoi fare quello che vuoi” dice il coniglio al protagonista, ed è la stessa cosa che ci viene da dire al regista Richard Kelly; tu puoi e potrai fare sempre quello che vuoi, a patto però che tu lo faccia sempre così bene. Un piccolo diamante in una cesta di grossi sassi.

Matteo Catoni

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