venerdì, marzo 04, 2005

vanilla sky... si o no?

oggi mi guardo vanilla sky penso ..... molto alternative-pop....un matrix sentimentale la vita, la felicita'....pero' carino...... e come di consueto da ignorante..vado sugli spietati e scopro che e' un super remake.......scopiazzato da un film intitolato apri i tuoi occhi. e' la prova che l'operazione commerciale ha avuto il suo successo...

riporto la recensione degli spietati...


Monkey See, Monkey Do

Hollywood fagocita la giovane Europa del cinema ed espelle un ibrido mostruoso che potrà apparire diverso e intrigante solo a chi non abbia visto il (non eccezionale ma interessante) film di Amenabar APRI GLI OCCHI di cui VANILLA SKY costituisce il remake. La Mecca del cinema, dunque, continua ad arraffare idee dove può, guardandosi bene dal mantenerne integro il potenziale eversivo, piegandole ai suoi vetusti canoni grossolanamente spettacolari, alla rassicurante convenzione, alla triste magniloquenza da blockbuster. Se Amenabar nel suo film, pur nella banalità dei dialoghi e con l'ingenuità di un armamentario simbolico piuttosto raffazzonato riusciva, in virtù di una stringatezza e di una capacità di dipingere atmosfere (abilità confermata nell'ultimo THE OTHERS), ad avvincere ed intrigare, si sente lontano un miglio l'odore della paura di Crowe che, intuendo le possibilità di successo di un remake, ma giudicando l'astrusità dell'intreccio troppo rischiosa per un pubblico tutto popcorn come quello statunitense, smussa gli angoli, cerca di fare luce chiarissima su tutti gli snodi narrativi, inserisce le consuete ammiccanti soluzioni (personaggi, situazioni, battutine stravisti strasentiti strazianti) che denunciano chiaramente la necessità di archiviare il film sotto "Operazione Volgare" . Del resto cosa ci si poteva attendere da un regista mediocre, mediocre sceneggiatore, che dirige un mediocre attore di enorme successo (qui anche nelle vesti di produttore) se non una pappa standardizzata pronta per essere ingoiata con gusto da uno spettatore onnivoro e svogliato? Non sorprende dunque che le cose migliori siano quelle fotocopiate dall'originale (la serata al locale) e che tutto il resto sia gonfio e dilatato all'inverosimile da luoghi comuni, citazioni patetiche (la nouvelle vague al muro), comparsate che dovrebbero fare simpatia (Spielberg tra gli invitati alla festa), condito con musica di serie A (Radiohead, Chemical Brothers, persino l'ipnotica INDRA dei francesi Thievery Corporation etc.), con la Cruz a ricoprire lo stesso ruolo che aveva nell'originale e la Diaz a fare la guastafeste (la più antipatica e la migliore del terzetto). Lascia di stucco (non ci arrendiamo, continuiamo a stupirci nonostante ormai non ci si attenda nulla di diverso) la disinvoltura con la quale le major americane riescano a svilire qualunque opera del Vecchio Continente riprendano in mano, la sottovalutazione di un pubblico che non "può" andare a vedere il film originale, che "deve" esserne informato a mezzo di una rozza traduzione dello stesso in un linguaggio semplificato che sia in grado di comprendere; lascia di stucco e avvilisce, avvilisce e fa rabbia. Fa rabbia perchè non si sente alcuno sforzo di realizzare qualcosa di nuovo, diverso o anche semplicemente degno, solo quello di creare un prodotto che soddisfi un basso istinto (dello spettatore e del produttore). Ecco che il film, dunque, oscilla perplesso tra thriller, fantasy, love story senza fare di questa confusione un pregio come nell'originale, che viveva bene proprio di questa indecisione, ma solo una tela bucherellata nella quale inserire domande esiziali quali "Cos'è la felicità?", "Credere nell'amore?", "La vita è un sogno o i sogni aiutano a vivere meglio?", rimanendo dalle parti di Marzullo, mezzanotte e dintorni della ragione, tutto quello che molti amerebbero ascoltare o vedere in una sala cinematografica, immagino... A suggello un finale di lampante chiarezza che dissipa quel tanto di dubbio di un'ulteriore messa in abisso che nell'originale riscattava l'artificiosità dell'epilogo. Operazioni di cinico mercato perchè vorrebbero passare per trasversali tentativi di intrattenimento intellettuale e si traducono in campionari del ridicolo, perchè prive di coraggio, prive di una vera passione per quello che si sta mettendo in scena, pronte a essere modificate non appena un'arditezza o la possibilità di perdere un biglietto venga a fare capolino. Monkey see, monkey do: cinema da primati alla faccia dell'evoluzione, cinema che svende pattume sotto forma di sogni. Aprite gli occhi.

Luca Pacilio

Nessun commento: